ANELLO 22

CASTAGNETO - COLLA DELLA MAESTA' - MONTE SINAIA - I ROMITI - CASCATA DELL'ACQUA CHETA - ritorno

 

- Percorso  interessante per la visita di Moia.  Accidentato nella parte intermedia.   Dopo Colla della Maestà percorso facile, molto suggestivo e panoramico. Interessante la visita alla cascata.   Richiede attenzione ai segnavia nella parte centale.- ORE: 5,30, andata.

- ACCESSO: Castagneto.

- DISLIVELLO: 500 m.

- CARTE I.G.M.: San Godenzo.

 

                Da S. Godenzo (1) si prende la  Statale verso PASSO DEL MURAGLIONE e, dopo circa un chilometro, si imbocca una strada minore, anch'essa asfaltata, diretta

a PETROGNANO.

                Dopo 4 chilometri da S. Godenzo si raggiunge CASTAGNETO, ove si prende a destra, in direzione della frazione di MOIA (cartelli indicatori).

Si passa presso un tabernacolo, si lascia a sinistra una stradella diretta alla località NOVELLETO e, dopo un'ampia curva in salita verso sinistra, si giunge ad un cancello di ferro ove termina la stradella. Fin qui si può giungere in auto. Aggirato il cancello e superato un ponticello, si giunge ad un'antica costruzione del 1322 (iscizione), recentemente ristrutturata, che, con qualche altro piccolo fabbricato, costituisce la frazione. di MOIA (649 m.) (2).Si sale subito verso destra e da un praticello si imbocca un sentiero in salita (itinerario 19-151-10 CAI) che costeggia un torrente a destra.

                 Si attraversa un pianoro erboso e, dopo qualche centinaio di metri si volge a sinistra, in salita più ripida, allontanandosi leggermente dal torrente. Si riprende a seguire il torrente da una crestina un poco più alta, per un sentierino in qualche punto un po' infrascato,  ma di facile transito.  Mentre il vecchio sentiero, difficilmente transitabile, compie un giro più alto sulla sinistra, ci si riavvicina al torrente e si risale, dopo poco,  per stradella, alla cresta sovrastante.

                Dopo un altro breve tratto,  dove in qualche punto ginestre e ginepri sono cresciuti  sul sentiero, (anche se non costituiscono difficoltà al passaggio,  conviene non discostarsi comunque dal torrente)  si attraversa il torrente e si sale  a destra, costeggiando per la parte alta una radura con felci, dove ci teniamo a destra sul limite superiore.  Si rientra nel bosco, per un sentiero più ampio, si tocca una sorgente e, attraversa un'altra radura sempre sul lato destro, si esce sullo spiazzo presso la COLLA DELLA MAESTA' (1040 m.), sul crinale appenninico.

                Incrociato l'itinerario “00”  CAI che percorre il crinale, si continua per la strada, sul versante romagnolo, per un altro paio di chilometri. Bellissimi panorami verso nord. Giunti in località CROCIONE (979 m.), si trascura una stradella in discesa a destra e si prosegue per la strada.

                Al bivio di MONTE SINAIA, incrocio col 17 CAI, si prende a destra, mantenendo la strada e, superata la cima di MONTE SINAIA (1019 m.), si vede a sinistra, in basso, una casa in pietra. Trascurando l'itinerario 15 CAI per BAGNATOIO e continuando per la cresta si lascia, poco dopo, più in basso a destra, il casolare BORGHETTO e si arriva ad un punto dove convergono i vari sentieri:  si lascia quello che piega nettamente a destra (sud est) ed un altro che volge leggermente a sinistra (nord-ovest) e si prosegue a diritto, verso nord-est, salendo a discendendo un piccolo poggio (1009 m.), o tagliando leggermente a destra di questo.  In entrambi i casi ci si ritrova, poco dopo, in un prato al centro del quale è un ometto in pietra. Si lascia a destra del pianoro l'itinerario 151/A CAI che porta al MONTE PRATO ANDREACCIO (989 m.) e si piega un poco a sinistra sino ad incontrare il margine di un bosco; qui si imbocca un sentiero inizialmente in leggera discesa; si traversa un praticello ove è un casolare diroccato e si sale alla cima del MONTE DI LONDA (955 m.). Nell’ultimo tratto il tracciato è assai incerto ed  ancor più lo  diventa nella discesa, molto ripida, ma non lunga, che si deve percorrere in senso nord-est, sempre in una zona alberata,  per giungere ad un pianoro (800 m.), denominato PIAN DELL'AMADORA  (cartello indicativo).

                Qui si incrocia un sentiero segnalato in giallo e rosso: il ramo di sinistra (nord-ovest, itinerario 19 CAI) prosegue per cresta verso la CASCATA DELL'ACQUACHETA e, passando da balze tra fossi, scende ai Romiti (720 m.) (3), poco sopra la stupenda cascata (4).

 

                Al ritorno in alternativa all'itinerario di andata, si può seguire il tracciato dell'itinerario 15 CAI che dopo MONTE SINAI si reimmette nel sentiero inizialmente descritto.

 

(1) FU FEUDO DEI CONTI GUIDI, CHE VI COSTRUIRONO I CASTELLI DI S. GODENZO E DI SAN  BAVELLO,  POI DISTRUTTI DAI FIORENTINI CHE LI AVEVANO ACQUISTATI  NEL 1344. L ' 8  GIUGNO  1302 VI SI TENNE UN CONVEGNO DEI  GUELFI BIANCHI ESULI DA FIRENZE CUI  PARTECIPO' ANCHE DANTE.

    VI E'  UNA BADIA BENEDETTINA, COSTRUITA NEL 1028 DAI VESCOVI DI FIESOLE, SU UNA  PREESISTENTE CAPPELLA DI EPOCA CAROLINGIA. BELLO L'INTERNO, DI PURE LINEE ROMANICHE  CON L'ANTICO ALTARE, UN POLITTICO DEL '300, UN PULPITO IN PIETRA E UNA STATUA DI LEGNO DI BACCIO D'AGNOLO (S. SEBASTIANO) DEL 1507. NELLA CRIPTA, SOSTENUTA DA SEI COLONNETTE, SI TROVA IL SEPOLCRO DI S. GAUDENZIO, BENEDETTINO VI SECOLO.

(2) INTERESSANTISSIMO ESEMPIO DI CASA SIGNORILE DELLA MONTAGNA MUGELLANA, RISALENTE AL 1322, IMMERSA NEL VERDE DEI BOSCHI.

(3) VI SORGEVA UN ANTICO MONASTERO DEI VALLOMBROSANI (DONDE IL NOME), RISALENTE ALL' XI SECOLO DI CUI RESTANO RUDERI.

(4) IN PROSSIMITA’ DI S. BENEDETTO IN ALPE, MA ANCORA NEL COMUNE DI S. GODENZO, PRECIPITANO LA CASCATE DELL'ACQUACHETA, LA PIU' ALTA DELLE QUALI COMPIE UN BALZO DI 130 M.; BELLISSIMO SPETTACOLO NATURALE IN UN CONTESTO TRA I PIU'  INTEGRI E  SUGGESTIVI,  SPECIE NEI PERIODI DI PIENA E D'INVERNO, QUANDO LA CASCATA DIVIENE UN'UNICA FANTASTICA CONCREZIONE DI GHIACCIO.

ISPIRO' A DANTE, CHE BEN CONOSCEVA QUESTI LUOGHI DOPO LA SUA FUORIUSCITA DA FIRENZE, ALCUNI VERSI DELLA DIVINA COMMEDIA, PARAGONANDO IL FRAGORE DELLA CASCATA DELL'ACQUACHETA A QUELLO DEL RUSCELLO INFERNALE DI FLEGETONTE, CHE PRECIPITA DALL'ORLO DEL SETTIMO GIRONE NEL BARATRO SOTTOSTANTE:

 

"Come quel fiume c'ha proprio cammino

prima da Monte Veso inver levante,

dalla sinistra costa d'Appennino,

che si chiama acquacheta suso, avante

che si divalli giù nel basso letto,

e a Forli di quel nome è vacante,

rimbomba là sovra San Benedetto

dell'Alpe per cadere ad una scesa

ove dovria per mille esser recetto;

così, giù d'una ripa discoscesa,

trovammo risonar quell'acqua tinta

sì che 'n poc'ora avria l'orecchia offesa."

 

 (Inferno, XVI, 94-105)

 

Dante si riferisce qui al Fiume Montone,  che ai suoi tempi era  il primo fiume del versante sinistro appenninico ad avere corso autonomo, gettandosi direttamente in mare (oggi è invece il Reno), e che nel suo alto corso si chiamava Acquacheta.

In effetti l'Acquacheta è uno dei tre torrenti  che confluiscono  a formare il Montone.   Per Dante tali sono violenza e il fragore della cascata formata dal fiume che si ha l'impressione non di una, ma di mille cascate.